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Dieci anni senza don Gianrico
Caro don Gianrico,
sembra incredibile come il tempo sia volato in fretta, lasciandoci con la sensazione che fosse ieri quando t’incontravamo a piedi per Barsi o di corsa con la macchina a celebrare a destra e sinistra per la valle; il tuo sorriso sereno e la tua saggezza irradiavano calore e conforto a chiunque avesse la fortuna di incrociare il tuo cammino.
Dieci anni sono trascorsi veloci, ma il tuo ricordo è rimasto intatto nei nostri cuori e nelle nostre menti.
Ogni giorno sembra portare con sé la mancanza crescente della tua presenza fisica, ma allo stesso tempo, sentiamo la tua influenza eterna nelle nostre vite.
Hai lasciato un'impronta profonda e duratura su di noi, guidandoci con la tua Fede incrollabile e il tuo amore incondizionato per la comunità.
La tua decisione di riposare in cima al monte Castellaro a Groppallo, immerso nella quiete e nella maestosità della natura, è un simbolo toccante della tua dedizione e della tua spiritualità; lassù, tra le vette che toccano il cielo, sembra che tu abbia raggiunto una comunione più profonda con il Divino, unendo la tua anima eterna con l'infinità del creato.
Ogni tanto ci rechiamo su quella vetta, guardiamo oltre gli orizzonti e ci chiediamo se tu possa sentire ancora i nostri pensieri e le nostre preghiere.
La tua memoria ci ispira a perseguire la giustizia, la compassione e la carità, proprio come hai fatto tu durante la tua vita terrena.
Continuiamo a raccontare le tue storie e a condividere le tue lezioni con le nuove generazioni, affinché il tuo spirito possa vivere attraverso di noi.
Nelle fredde giornate di gennaio, il nostro cuore si riscalda ricordando gli insegnamenti che ci hai donato e il conforto che hai portato nelle nostre vite.
Sei stato un faro di luce nelle nostre tenebre, e anche se il dolore della tua assenza è ancora tangibile, ci aggrappiamo con forza alla tua eredità di amore, gentilezza e fede.
Caro don Gianrico, la tua vita è stata un dono per tutti noi, e il tuo spirito continua a vivere nei cuori di coloro che hai toccato con il tuo amore.
Con affetto e gratitudine eterna,
Claudio Gallini
Un antifonario del sec. XII, un importante ritrovamento per la storia groppallina
Un antifonario del sec. XII, un importante ritrovamento per la storia groppallina
di Claudio Gallini
Durante la meticolosa fase di ricerca per la stesura del volume “Groppallo e la sua chiesa una storia unica” ha dato particolare interesse allo scrivente e autore dello studio il ritrovamento in archivio parrocchiale di un’antica pergamena databile al sec. XII, un documento dall’inestimata valenza storica, che eleva nettamente il patrimonio culturale di Groppallo.
Una solida fonte che testimonia la profonda radicazione della fede nel territorio groppallino.
La pergamena ritrovata consta difatti in un antico antifonario riportante esattamente l’importante “Ufficio di San Savino”, Vescovo di Piacenza nel sec. IV; il contenuto del documento concorda inoltre con quanto inserito nel celebre manoscritto piacentino, di compilazione appena precedente, denominato “Il libro del Maestro” o “Liber Magistri”.
Nel volume “Groppallo e la sua chiesa una storia unica” ritroverete l’intera trascrizione e interpretazione del contenuto, grazie al prezioso supporto che l’autore ha ricevuto dai massimi esperti a livello nazionale ed europeo in musicologia e storia della liturgia.
La prima facciata di questa importantissima pergamena, qui in basso riprodotta, trova spazio inoltre sulla quarta di copertina del corposo libro di oltre 550 pagine di storia di Groppallo, per avere sempre con sé copia a colori di questa inestimabile testimonianza della storia groppallina.
Per avere informazioni come reperire una copia del volume, potete cliccare qui
La torre di Sant’Antonino a Selva di Groppallo, un’antica testimonianza della fede piacentina
La torre di Sant’Antonino a Selva di Groppallo, un’antica testimonianza della fede piacentina
di Claudio Gallini
Estratto da: GALLINI C., La torre di Sant’Antonino..., in L'urtiga quaderni di cultura piacentina n. 12, LIR, Piacenza, 2016, p. 37.
La torre di Sant'Antonino a Selva di Groppallo in un recente scatto del 2019. (Foto: Claudio Gallini ©).
In alta val Nure, nel circondario di Groppallo, a quasi mille metri d’altitudine, è protetto un importante simbolo della storia cristiana piacentina.
A Selva di sotto (890 m s.l.m.), nel Comune di Farini, si eleva infatti da numerosi secoli la torre campanaria della prima chiesa parrocchiale groppallina devota a sant’Antonino; la storia della chiesa, oggi purtroppo scomparsa, ci rimane attraverso le antiche visite pastorali, mentre il campanile, o “u campanẽn dra Sérva” come lo chiamano in zona, è rimasto a prova di come il Cristianesimo su queste lande appenniniche abbia delle radici molto profonde.
Della fondazione di siffatta chiesa, ne tratta tra l’altro anche lo storico e canonico piacentino Campi nella sua Dell’historia ecclesiatica di Piacenza e la elenca tra i primi templi edificati a nome del santo martire piacentino.
Da tutti questi avvenimenti sì grandi ne sorse all(h)ora né Piacentini una sì fatta devozione, e riverente affetto verso il glorioso Protettore, e Avvocato loro, che non contenti d’imporre, quasi a gara il venerando nome di lui a propri figli […] furono ancora grandemente solleciti in fondar Chiese al sacro nome di Antonino.[1]
La torre di Sant'Antonino in uno scatto degli anni '70 del secolo scorso. (foto: Agostino Bruzzi ©).
Oltre a Travo e Piacenza, il Campi ci indica in seguito le prime chiese intitolate al nostro santo patrono, in terra piacentina:
Ville di Ronco, di Albarola, di Castiglione, di Macinessio, di Corano, di Vicomarino, di Vairasco, di Nibiano, di Montalto, di Fenocchietto, di Ozola, di Selva presso Groppallo, dell’isola in Compiano, di Bedonia, e della terra di Borgo Val di Ta(r)ro, e d’altri luoghi della Diocesi nostra.[2]
Il racconto del canonico Campi sopra riportato, fa riferimento ad alcune vicende che risalgono addirittura al sec. IV, e già da questo dato possiamo avere un’idea di quanto sia antica la primigenia parrocchia di Groppallo, così come la stessa torre campanaria.
Lo studioso Domenico Provini ipotizza, nel volume Groppallo nella tradizione e nella storia, che la chiesa di sant’Antonino a Selva sia stata invece eretta in un periodo storico compreso tra la fondazione del monastero in val di Tolla nel 616 e quello di San Colombano a Bobbio o comunque di poco posteriore a queste due fondazioni.
In quel periodo, pertanto, a Selva si trovava la chiesa parrocchiale, mentre sulla cima del monte Castellaro, a Groppallo, dove invece abbiamo oggi la chiesa, vi era un imponente castello con la funzione di controllo assoluto della zona, grazie soprattutto al punto strategico ove la struttura era collocata.
Un primo dato sicuro sul castello fa appartenere, sul finire del sec. XII, tale fortilizio al Vescovo Conte di Piacenza cui competeva, tra l’altro, la concessione del fortilizio; la tradizione assegna la signoria del luogo, alla nobile famiglia Gropallo trasferitasi a Genova in un secondo tempo.[3]
Si legge sempre dagli scritti del Campi di una curiosa diatriba tra l’arciprete di Centenaro e il rettore della chiesa di Selva risalente ai primi anni del sec. XIII, finita poi tra le mani del pontefice Innocenzo III di cui non conosciamo però il verdetto.
Erano da cotal tempo discordia tra loro l’arciprete di Centenaro, detto Guglielmo; e il rettore di S. Antonino da Selva, Giovanni Pistorio; per non voler questi (benché soggetto, come capellano, alla pieve di quegli) rendere il debito honore, e ubbidienza al detto piovano. E quel, che peggio era, essendo stato il rettore scomunicato, ardiva il meschino di celebrare i divini officij con gravissimo danno di se stesso, e con molto scandalo degli altri.[4]
È da rilevare inoltre che la parrocchia di Groppallo protegge al suo interno diversi antichi oratori collocati, attraverso una precisa logica[5], lungo quella che oggi viene denominata “Via degli Abati”; questa “via” era un cammino montano che da Bobbio permetteva a monaci e pellegrini di raggiungere in tutta sicurezza Pontremoli, per poi proseguire verso Roma in visita ad limina apostolorum.
Lungo questo percorso rintracciamo altresì la torre di Sant’Antonino, la quale possiede una forte similitudine architettonica con il campanile dell’oratorio di Groppazzolo posto anch’esso lungo la Via degli Abati; è da rilevare tuttavia che nel giugno del 1775 i delegati vescovili giunti in loco per la visita pastorale, ordinarono ai proprietari della chiesa di Groppazzolo di abbassarne l’altezza per evitarne il crollo.
La torre di Sant’Antonino versava in cattive condizioni ma, grazie ad un recente intervento eseguito dal Comune di Farini, si è permesso di preservarla da un’ineluttabile rovina che avrebbe cancellato per sempre questo simbolo di fede, unico in tutto la provincia di Piacenza.
Questo scatto, risalente al 2015, mostra la torre di Sant'Antonino attorniata dai ponteggi durante le fasi di restauro. (Foto: Claudio Gallini ©).
Oggi la struttura si presenta come una torre slanciata sulla cui sommità sembrano issarsi quattro merli che alla prima apparenza la farebbero apparire come una torre ad uso militare, di controllo sul passaggio; basti paragonare però le foto di quasi quarant’anni addietro con l’attuale stato, per appurare che la torre era sicuramente più alta e che i presunti merli sono nient’altro che i quattro sostegni della copertura sommitale dispersa dall’incuria.
Da quella torre, in antico, suonavano pertanto le campane della prima parrocchia di Groppallo.
Analizziamo ora brevemente cosa ci raccontano i verbali di visita pastorale in merito alla parrocchia di Sant’Antonino a Selva di Groppallo.
Dal fascicolo del vescovo Giovanbattista Castelli del 1579, primo verbale disponibile presso l’Archivio Diocesano di Piacenza, scopriamo che la parrocchia di Groppallo risultava già intitolata all’Assumptione B.M. Virgo e con essa vi era un solo oratorio dedicato per l’appunto a sancti Antonini situm in loco dicto la Selva.
Da quel verbale si deduce inoltre, che al tempo la chiesa di Selva era stata declassata come oratorio, la struttura non si trovava più in buono stato tanto e se ne consigliò l’immediato ripristino, pena la cessione del titolo alla chiesa più vicina.
La costruzione, fatiscente, era comunque dotata di fornice; furono citati nel verbale l’altare con la pietra sacra e un reddito in frumento verosimilmente necessario alla sua manutenzione o in questo caso alla ricostituzione dello stesso.
L’oratorio fu infatti ricostruito nel 1657 per mano della famiglia Gregori di Selva, come vedremo dai verbali di visita pastorale in seguito presi in esame.
Nel 1691 ritroviamo l’oratorio di Selva, dedicato sempre a sant’Antonino, visitato durante l’ispezione del 4 giugno, dalla cui breve relazione ricaviamo che al tempo il proprietario era un tale Marcantonio Gregori.
Fu annotato che in quest’oratorio si celebravano le sante messe tranne le solennità.
Il canonico impose di coprire la pietra sacra con la tela cerata e di fornire l’oratorio di un’alba, un cingolo, un amitto, una pianeta, la tabella sacra, il palio e il messale da morti.
Egli consigliò, infine, di apporre una rete alle finestre e di collocare l’acquasantiera nell’oratorio per contenervi l’acqua benedetta.
Nel 1743 fu annunciata la visita pastorale dell’episcopato Zandemaria e il 25 settembre fu visitato l’oratorio di sant’Antonino di Selva proprietà, allora, dei signori Marcantonio, Giovanni Pietro, Giulio, tutti fratelli della famiglia Gregori.
Il visitatore scrisse della presenza di un solo altare, costruito in legno e ben ornato ad eccezione del fatto che la pietra sacra era da benedire.
Dalla stessa relazione apprendiamo che la licenza alla celebrazione fu concessa addirittura da papa Clemente XI attraverso un breve apostolico dell’aprile 1705.
Il verbale proseguì indicando che la cappella era a comodo e devozione dei patroni e infine annotò che l’interno era sbiancato consigliando però di apporvi una rete sulle finestre.
Il 30 giugno 1775 avvenne, per volontà di mons. Alessandro Pisani e operata a Selva dal canonico Giacomo Scopesi il quale rilevò che il proprietario dell’oratorio era, in quegli anni, un tale Giacomo Filippo Gregori cui spettava l’intera manutenzione della cappella.
L’annotazione proseguì esponendo tutti i diritti e doveri a riguardo delle celebrazioni dove si presentò nuovamente il breve apostolico giunto fino dal Vaticano e si scrisse in seguito che fu introdotto don Giovanni Antonino Gregori in qualità di celebrante in questa cappella.
Il canonico vide l’altare con sopra un candeliere di legno, una croce, la tabella per la preparazione della messa e rilevò ulteriormente un quadro raffigurante sant’Antonino.
Egli riportò poi che l’oratorio era dotato di volta sul soffitto ma, nell’insieme, richiedeva una ristrutturazione importante.
L’altare, in legno, fu invece giudicato sufficiente come del resto la pietra sacra, il calice d’ottone con la coppa argentata e la sua patena.
La relazione proseguì con l’elenco delle sacre suppellettili che furono in generale giudicate positivamente a parte qualche piccola osservazione come, ad esempio, d’aggiornare il messale dei vivi con i santi più recenti.
Il canonico annotò successivamente la presenza della torre campanaria, quella che vediamo oggi, ma non risulta alcuna traccia delle campane nelle risposte ai postulati.
La torre di Selva ripresa dalla strada che da Barsi corre in direzione di Bardi (PR). (Foto: Claudio Gallini ©).
Il 7 luglio 1775 Giacomo Filippo Gregori con il figlio Giovanni, titolari dell’oratorio di sant’Antonino, si presentarono a Centenaro[6] davanti all’illustri et reverendissimi mons. Alessandro Pisani esibendosi come proprietari altresì dell’oratorio di Selva san Domenico.
Si scrisse che l’oratorio di Selva devoto a sant’Antonino, fu sospeso probabilmente a causa del cattivo stato della struttura, e s’intuisce da una pergamena molto scolorita, che i Gregori volessero spostare i privilegi dall’oratorio chiuso, al più recente dedicato a san Domenico, che si trovava a Selva di sopra a poche centinaia di metri dal primo.
La storia della torre di Sant’Antonino da Selva termina qui, ma il vivo invito dello scrivente è quello di salire da Piacenza in alta val Lavaiana, a poche decine di minuti dall’abitato di Farini, per scoprire e ammirare questo sconosciuto ma importante simbolo della fede piacentina in onore di Sant’Antonino.
Claudio Gallini
NOTE:
[1] CAMPI P. M., Dell’historia ecclesiastica di Piacenza, Giovanni Bazachi Stampatore Camerale, Piacenza, 1651-1662, volume I, p. 121.
[2] Ibidem.
[3] E’ possibile consultare il volume n° 7 – 2014 del quaderno di cultura piacentina, “L’urtiga” per leggere, ad opera dello scrivente, un compendio sulla storia dell’antica famiglia Gropallo.
[4] CAMPI P. M., Op. cit., volume II, p. 190.
[5] Si faccia riferimento al volume, GALLINI, C. Gli oratori di Groppallo, Edizioni L.I.R., Piacenza, 2013, per approfondire la storia di tutti i diciotto oratori della parrocchia di Groppallo.
[6] La pieve di San Pietro a Centenaro controllava, a quel tempo, anche la parrocchia di Groppallo e durante le visite pastorali in zona, diveniva così il “quartier generale” del Vescovo.
È possibile ammirare lo stato attuale della torre di Sant'Antonino, a Selva di Groppallo, attraverso una "foto - sfera".
(Una volta cliccato qui sotto, muovi l'immagine con il mouse e avrai una visuale a 360°)
(Foto sfera di Claudio Gallini ©)
È possibile invece provare l'emozione di trovarsi all'interno della torre, attraverso quest'altra "foto - sfera".
(Una volta cliccato qui sotto, muovi l'immagine con il mouse e avrai una visuale a 360°)
(Foto sfera di Claudio Gallini ©)
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Autore: Claudio Gallini ©
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